In questo articolo analizzeremo la sindrome dell’epoca d’oro.
Ogni epoca si è contraddistinta per eventi importanti, che ne hanno segnato il vivere quotidiano.
Automaticamente quando rammenti un certo periodo storico, compaiono alla mente importanti avvenimenti, che ne hanno plasmato, il vivere quotidiano.
L’epoca Rinascimentale, con i suoi pittori.
Michelangelo, con i suoi dipinti ha lasciato, una firma indelebile a tutte le generazioni future.
Leonardo da Vinci, con i suoi lavori, sarà ricordato da tutte le generazioni future.
Cosi Poeti, come Dante, scrittori come Hemingway, hanno abitato epoche diverse dalla nostra.
Inutile, rammentarli tutti, sono nella nostra memoria collettiva; studiati, contemplati, da studenti e adulti, che di ogni genere e grado, ne hanno apprezzato l’inestimabile valore.
Non sempre però l’epoca che li ospita, attribuisce loro il giusto riconoscimento.
Bisogna aspettare, epoche successive, perché venga riconosciuto il giusto valore.
Questo perché l’ Holfast, il potere costituito, dal gruppo dominante, fatica a lasciare il posto al nuovo, che il più delle volte si configura come rivoluzionario.
Ecco, che ai dipinti di Van Gogh, viene attribuito merito, dopo la sua morte, mentre la sua vita lo vedeva emarginato e solo e i suoi quadri non erano capiti.
E’ come se si dovesse volgere lo sguardo indietro, elevarsi a guardare retrospettivamente quello che ci ha preceduto, con uno sguardo nostalgico per tutto ciò, che ci ha lasciato.
La Sindrome dell’epoca d’oro
Questa sindrome, riguarda un particolare stato d’animo, che fa desiderare non solo di volgere lo sguardo al passato, ma di appartenere ad un’altra epoca, che non sia quella nella quale il destino ci ha fatto capitare.
Questo sguardo nostalgico, ha accompagnato persone contemporanee, ma anche tante anime sensibili del passato, che negando la banalità del presente, desideravano vivere in un periodo glorioso, dove esaltanti gesta, avevano accompagnato, il vivere quotidiano di quell’epoca.
Un po’, quello che accade, ad ognuno di noi, quando, va a visitare una città d’arte e nei suoi capolavori, assapora ancora, gesta memorabili di una storia ormai passata, ma ancora vivida.
Così come Cicerone desiderava, aver potuto andare a passeggio con Catone, così tutti noi abbiamo volto lo sguardo nostalgico indietro, sognando di aver potuto vivere in un’epoca, che idealmente pensiamo a noi più congeniale.
Questa negazione delle banalità del presente, racchiude in sé una incapacità personale ad adattarsi al vivere quotidiano, ad interfacciarsi con una realtà, che si avverte pesante e non completamente appartenente al nostro sentire.
Quindi questo fuggire in un’epoca remota, aiuta a superare difficoltà personali di adattamento.
Diciamo, che chi presenta questa sindrome, non coglie appieno le opportunità che il suo tempo, presente può offrire.
“ Carpe diem”, cogli l’attimo, non appartiene all’individuo che soffre di questa sindrome, quanto piuttosto essere avvolti da una nostalgia, un languire nostalgico di qualcosa che in fondo non gli è mai appartenuta.
Tutto Raccontato in un Film: Midnight in Paris
In questo film, Woody Allen, racconta di Gil, il protagonista, che rimane incantato dal ricordo di una sfavillante Parigi anni 20.
In questo ricordo nostalgico, può incontrare i suoi beniamini come Hemingway, Fitzgerald e Picasso. Sfuggire ad un rapporto ormai giunto al termine per mancanza di sintonia, ed innamorarsi di Adriana, l’amante di Picasso.
Passeggiare indisturbato, nelle strade notturne, circondato da fantasmi di personaggi famosi.
Parlare coi sui mentori, trovare ispirazione, essere coccolato ed accolto in un grembo fecondo, di geni.
Cosa spinge Gil, verso questa fantastica avventura?
Sicuramente, il suo vivere quotidiano è privo di riferimenti positivi e gratificanti.
Con la sua futura sposa, non ha niente in comune, né interessi, né progettualità.
In Adriana, trova invece una musa ispiratrice, può essere sé stesso, continuare a credere nel suo progetto, ritrovare fiducia in sé stesso, sentirsi compreso ed accolto.
Queste sono fondamentalmente le richieste interiori, che inducono una persona, a cercare in un tempo passato, quello che il tempo presente, non è in grado di offrire.
Caratteristiche personali
L’orientamento spazio- temporale, è da sempre una delle principali forme di valutazione della personalità di un individuo.
Si cerca sempre, una sua dimensione di orientamento spazio-tempo.
Perché l’Io deve essere ben radicato, nello spazio- tempo presente o perlomeno averne coscienza, quindi come spesso succede, l’indicatore, che fa scattare la lucina rossa dell’alert, è quanto un individuo, sia assorbito, in questa ricerca spasmodica del passato e il presente non sia più il suo tempo.
La negazione, è diventata, la sua difesa prevalente e il volgere lo sguardo indietro, un alibi, per non vivere, più il suo tempo attuale.
Forse per capire meglio questa sindrome, ci può venire in aiuto il mito di Orfeo.
Orfeo, Mito del passato
Orfeo, si era innamorato della ninfa Euridice, sulla quale aveva posato gli occhi anche Aristeo, un apicultore, figlio di Apollo.
Proprio per sfuggire a Lui, Euridice calpestò una serpe che la uccise.
Orfeo, allora in memoria della sua amata, cantò canzoni così cariche di disperazione, da impietosire tutte le ninfe e gli dei.
Gli fu consigliato di scendere nel regno dei morti, per tentare di convincere Ade (Plutone) e Persefone (Proserpina), a far tornare in vita la sua amata.
Così fece, e il forte sentimento di dolore delle sue sue canzoni, convinsero gli dei a concedergli questa possibilità, ad una condizione però, di non volgersi mai indietro, a guardare il volto dell’amata, fino a quando non avrebbe raggiunto il regno dei vivi.
Così Orfeo partì, con al seguito la sua amata, ma mentre ripercorreva il suo viaggio a ritroso, tanto fu il desiderio e la nostalgia di rivedere il suo volto, che irresistibilmente si voltò, facendo scomparire in un attimo Euridice, risucchiata per sempre, nella voragine infernale.
Questo mito, ci può far comprendere, che la malinconia e il dolore per qualcosa di ormai scomparso, possono essere, il motore per andare a riprendere qualcosa di morto, sepolto, alla sola condizione di mantenere sempre lo sguardo in avanti, proiettato in un futuro. Volgere lo sguardo troppo indietro rischia di, imbrigliarci in un vortice dal quale, poi può essere difficile liberarsi. Questa malinconia per un periodo che noi consideriamo d’oro, può risultare una dolce trappola, dalla quale difficilmente riusciamo a liberarci.
Conclusioni
Quindi niente paura se abbiamo simpatia per un certo periodo storico e avremmo voluto viverlo pienamente, con le sue gioie e dolori.
Importante capire, quando questa ricerca, ci assorba completamente, impedendoci di vivere la quotidianità, il presente.
Se sta succedendo questo, chiediamoci, se nella nostra vita attuale, ci sono delle cose che vorremmo cambiare.
Persone con le quali, non abbiamo più nulla da condividere, o progetti ormai privi di significato, che ci stanno assorbendo completamente, ma a cui noi ormai non teniamo più.
Quindi prendiamo il coraggio di cambiare, ciò che ci impedisce di affrontare in maniera costruttiva ed appagante il nostro presente.
Dott.ssa Alessia Pullano
Psicologa
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