Dipendenza Affettiva e Narcisismo
Iniziamo a conoscere meglio la dipendenza affettiva: come si evince dall’espressione stessa parliamo di una dipendenza e come tutte le dipendenze è un modo per cercare al di fuori se stessi.
Attraverso questa “anomala” modalità cerchiamo di raggiungere la stima, l’amore che non percepiamo e che probabilmente non abbiamo percepito nemmeno in passato.
Si parla di dipendenza affettiva però: questo ci fa capire sin da subito come l’oggetto della nostra dipendenza sia un’altra persona.
Per questo la dipendenza affettiva è una patologia relazionale, dove l’amore o quello che si crede possa essere considerato amore viene vissuto in modo morboso, quasi ossessivo.
Qui infatti non abbiamo due persone che hanno un rapporto intimo e sano, ma un rapporto di dipendenza che per quanto determini un’apparente senso di benessere, in realtà può essere davvero deleterio.
Pensate per un momento ad un coppia formata da un individuo che dipende completamente dall’altro: lo stesso investirà su di lui e sulla relazione tutte le proprie energie e questo, a sua volta, non potrà che rafforzare questo legame “insano”.
La dipendenza affettiva, detta anche love addiction, in quanto patologia ha delle caratteristiche specifiche.
Tra queste ritroviamo:
- il piacere: parliamo di quel benessere che sembra derivare dall’oggetto della dipendenza.
- la necessità di passare più tempo possibile con il partner, trascurando così le altre aree della propria vita
- vari sentimenti di ansia quando l’oggetto della dipendenza è lontano
- un’incapacità di riflettere lucidamente sui propri comportamenti che si alterna ad un senso di vergogna e rimorso
L’oggetto della dipendenza affettiva spesso è il proprio partner, ma si può essere dipendenti anche da un’amica, da un familiare.
Qui ci concentreremo però sulla dipendenza affettiva che riguarda una coppia.
Chi è più a rischio? Ad esserne maggiormente colpite sono le donne adulte, ma il disturbo può poter investire anche gli uomini, interessando persone di ogni età, inclusi gli adolescenti.
Il dipendente affettivo, dunque è colui che mette la propria vita nelle mani di un altro individuo, pur di ottenere affetto, stima e riconoscimento del proprio valore, fino ad accettare compromessi
di ogni genere.
Per queste persone, l’unico modo per ottenere l’amore è quello di piegarsi alla volontà dell’altro.
La fame d’amore in questo caso è una fame di sicurezza e di conferma del proprio valore. Una fame insaziabile che sembra non avere mai una fine.
Consigli/Osservazioni: quando si instaura una relazione con un’altra persona, è importante essere in pace con se stessi, avere piena consapevolezza di quello che si cerca e di quello che si trova.
Solo quando ci sentiamo appagati, sereni e felici di quello che stiamo vivendo, possiamo mettere le basi per un rapporto sano, duraturo e soprattutto d’amore.
Prima di impegnarci in una relazione chiediamoci: Cosa cerco davvero?
Sono pronta per avere una relazione d’amore?
Ho dei punti irrisolti con me stessa? Se si, come posso risolverli?
Facciamoci queste domande, ma soprattutto diamoci delle risposte sincere: allenando la consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che vogliamo potremo riuscire ad evitare di ritrovarci in delle situazioni “difficili”.
Origine della dipendenza affettiva
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché si arriva ad essere vittime di questa dipendenza?
A tal proposito non possiamo non sottolineare come la dipendenza affettiva affondi la sua origine nel passato affettivo della vittima, specificatamente nel rapporto vissuto nel periodo infantile con le proprie figure di accudimento, mamma e papà.
Con molta probabilità i dipendenti affettivi hanno sperimentato un’insoddisfazione relazionale, poiché i genitori non sono stati in grado di soddisfare i loro bisogni infantili.
Un bambino che vive questo può arrivare a pensare “i miei bisogni non hanno importanza e quindi non sono degno di essere amato”.
Da adulti, i bambini che non si sono sentiti amati, di conseguenza tenderanno a dipendere dagli altri e a vivere con la costante paura di essere rifiutati, poiché non si considereranno come degni d’amore.
Questo accade per un semplice motivo che è stato altresì confermato da diversi studi: studi questi che affermano come la nostra autostima si formi nei nostri anni di vita e come i genitori giochino un ruolo essenziale in questo.
Se abbiamo fatto esperienza di un genitore freddo e non disponibile a livello affettivo, non solo creeremo un’immagine negativa di noi, ma anche la nostra autostima ne risentirà, avendo vari ripercussioni anche nell’età adulta.
Alcune ricerche hanno messo in evidenza come, per esempio, ragazze che hanno avuto un rapporto conflittuale con il proprio padre e non si sentono da lui supportate, abbiano maggior probabilità di vivere relazioni patologiche.
Ebbene si: si hanno ripercussioni anche sulla propria vita relazionale.
Anche donne che hanno vissuto una relazione affettiva deviante con il proprio padre, fatta di abusi sessuali e psicologici, risultano più fragili rispetto a quelle che invece hanno avuto una relazione serena ed appagante con il proprio genitore (Miller, 1994; Werner et al., 2003).
In questo caso parliamo dunque di donne fragili che tendono ad elemosinare conferme e attenzioni dal loro partner, perché in assenza di questi, non riescono a bastarsi.
Anche Bieber e Bieber sostengono che le persone affette da dipendenza affettiva non hanno vissuto con la figura paterna un rapporto di stima, arrivando ad avere un’immaturità psico-affettiva.
La dipendenza affettiva può essere dunque favorita da un ambiente familiare in cui non ci si è sentiti amati e considerati o in cui si sono vissute esperienze fortemente negative e “traumatiche” (come nel caso di abusi e maltrattamenti).
La dipendenza affettiva può essere anche il risultato di altre esperienze come:
• violenza domestica
• abbandono
• separazione dei genitori
La conseguenza di tutto questo?
Chi arriva a soffrire di dipendenza affettiva avrà sempre il timore della solitudine, del rifiuto e nel rapporto con il proprio partner avrà sempre paura di essere abbandonato, proprio perché la propria autostima è bassa e ciò inevitabilmente lascia il suo segno.
Consigli/Osservazioni: quando non ci bastiamo, quando ci rendiamo conto di non essere soddisfatti di quello che siamo, non sentiamoci in colpa e non diamo colpa nemmeno ai nostri genitori.
Fare il genitore è un compito davvero arduo e non esiste un libro
d’istruzioni.
Questo significa che da adulti sicuramente porteremo i segni della nostra infanzia, ma questo non significa che non possiamo annaffiare la nostra autostima ed essere delle persone migliori.
Come fare?
• riscopri le tue potenzialità: non le vedi, ma ci sono e sono più di quanto tu stessa possa pensare;
• amati per ciò che sei, altrimenti nessun altro potrà farlo:
• accetta i tuoi difetti che ti rendono unico e poniti degli
obiettivi: inizia a raggiungere quelli più piccoli fino ad arrivare a quelli più grandi.
La vita è prima di tutto un viaggio dentro se stessi.
Il profilo psicologico di un dipendente affettivo
Il dipendente affettivo, da ciò che abbiamo detto sin’ora, è un individuo in un certo senso immaturo da un punto di vista affettivo e emotivo.
Ha una carenza di autostima, non crede di meritare di essere amato così com’è.
Non crede di essere interessante, degno di essere accettato e accolto.
Di conseguenza non riesce mai a mettersi al primo posto e a bastarsi e questo vale per diverse aree della propria vita, anche per quella lavorativa.
Il dipendente affettivo nella coppia e nella vita in generale:
- adatta se stesso all’altro
- accetta comportamenti che non gli piacciono
- trova giustificazioni per restare nella relazione
- dubita costantemente di se stesso
- non riesce a prendere decisioni da solo e ha dunque il costante bisogno di essere rassicurato: questo non vale solo per le decisioni importanti, ma anche per le piccole scelte quotidiane.
- non riesce ad assumersi la responsabilità della sua vita: le persone dipendenti infatti tendono a delegare agli altri o al proprio partner il controllo della loro vita;
- non riesce ad esprimere in modo assertivo le sue opinioni, soprattutto se queste sono diverse rispetto alla maggioranza: questo perché la persona dipendente non si ritiene nemmeno degna di esprimere la sua opinione;
- teme di esporsi e di portare avanti progetti, questo perchè teme che gli altri possano accorgersi del fatto che vale poco. Di conseguenza tenderà ad evitare situazioni e persone nuove;
- non ha fiducia in se stessa e nelle sue capacità, per questo si critica pesantemente attribuendo a se stessa la causa di tutti i mali;
- asseconda le aspettative altrui e quando non ci riesce il pensiero
che torna a farle visita è “non vali nulla e non meriti attenzioni”; - è alla ricerca di approvazione e quando non la riceve, sperimenta sensazioni di malessere, al contrario quando si sente supportato tocca il cielo con un dito, ma al contempo c’è sempre quella vocina che continua a ricordarle che non merita attenzioni. Il dipendente affettivo è dunque diligente e indulgente, ma con gli altri.
- E’ pronto a sacrificarsi, ma per gli altri.
- Non riesce a riconoscere i suoi bisogni, ma anche quando li riconosce li subordina a quelli degli altri.
Perché?
Perché vige a livello inconscio, semplicemente un pensiero distruttivo “sono cattiva, se sarò buona con gli altri, gli altri smetteranno di trattarmi male e inizieranno ad amarmi”.
E io finalmente mi sentirò amata.
Consigli/Osservazioni: quando nutriamo pensieri di questo tipo è bene ricordare che sono pensieri che abbiamo interiorizzato nel tempo, ma non è detto che siano reali.
Spesso crediamo in quello che ci hanno fatto credere, ma non sempre questo coincide con la realtà.
Quando sentite di valere poco chiedetevi
“perché lo faccio”? Perché penso questo di me?
E’ davvero un mio pensiero o è solo un qualcosa che ci portiamo da lontano e che ci sta solo condizionando la vita?
E’ giusto credere di valere poco e non provare a dare prova, soprattutto a noi stessi, che ci sbagliamo?
Vale davvero poco la nostra opinione? La vita non è forse la nostra?
Proviamo a ragionare su questi aspetti: a volte è necessario prendere consapevolezza di altre strade e alternative che magari non abbiamo mai percorso, ma questo non significa che non possiamo iniziare a farlo oggi, adesso, ora, in questo momento.
Il sottile confine tra amore e dipendenza affettiva
Un altro aspetto su cui il dipendente affettivo dovrebbe imparare a ragionare è il seguente:
“Quello che sto vivendo è davvero amore o c’è dell’altro?
Magari c’è della dipendenza.
La dipendenza affettiva, appunto.
C’è un sottile confine tra l’amore e questo tipo di dipendenza: sottilissimo, ma c’è e possiamo riconoscerlo mettendo in evidenza cosa sia l’amore e cosa lo differenzia dalla dipendenza affettiva.
Amare: che bell’infinito, vero?
Amare è una delle esperienze più belle della propria vita.
Eppure spesso lo confondiamo con altre cose come la dipendenza,
ma l’amore presuppone altro: vuol dire stare bene, essere sereni. Non significa cercare qualcuno che ci completi o che ci aiuti a colmare i nostri vuoti, ma trovare qualcuno che funga da valore aggiunto alla nostra vita.
Quando amiamo, lo facciamo pensando alla coppia: quando dipendiamo pensiamo solo ai bisogni dell’altro.
Questa è una delle differenze sostanziali tra amore e dipendenza.
Quando si ama qualcuno davvero, si pensa a tutto quello che si può fare insieme a lui, non si dà peso a dettagli che non hanno importanza.
Non si cerca di manipolare situazioni a proprio vantaggio e si tiene sempre conto dell’opinione dell’altro ma anche della propria, giungendo così a dei validi compromessi.
Quando invece si dipende da qualcuno, ci si concentra solo sui suoi bisogni, ma solo per ricevere attenzioni e riconoscimento.
Insomma il fine ultimo è stare bene, ma si giunge a questa conclusione con un atteggiamento egoistico e manipolatorio, messo in atto per non perdere l’oggetto della propria dipendenza che è una
fonte di soddisfazione personale. L’altro esiste in funzione a noi.
Quando amiamo ci sentiamo liberi, quando dipendiamo ci sentiamo prigionieri.
L’amore degno di essere chiamato tale non imprigiona e si basa su un grande presupposto: la libertà degli individui che devono essere liberi, appunto, di crescere anche se si è in coppia.
Questo significa che ognuno deve essere libero di esprimere se stesso: in una relazione d’amore non esiste il controllo, perché ognuno sprona l’altro a crescere, maturare, progredire.
Se invece si è imprigionati in un rapporto di dipendenza, la parola libertà è solo un’utopia.
Si ha la costante necessità di avere il proprio partner al proprio fianco, sempre e comunque.
Quando si ama si ama, quando si dipende si soffre
Quando si ama una persona si accetta anche l’idea che ci possano essere dei disaccordi che potranno essere risolti con il dialogo, la pazienza e appunto, l’amore.
Restando fedeli alla decisione di restare insieme all’altro non perché se ne abbia bisogno, ma perché lo si ama.
Dunque in un rapporto d’amore è importante la persona e le sue qualità.
In un rapporto di dipendenza non conta tanto chi abbiamo di fronte, ma conta il fatto che ci sia qualcuno pronto a riempire la nostra carenza affettiva.
In questo caso siamo in presenza di persone che non sanno stare sole e cercano di riempire il loro vuoto con chiunque, pur di non
soffrire.
Ma alla fine soffrono lo stesso, perché queste relazioni rendono infelici entrambi i partner.
Da una parte abbiamo il dipendente affettivo che vuole sempre di più e sperimenta un’ansia costante all’idea di perdere l’altro. Dall’altra parte abbiamo il partner “scelto” che sentendosi sempre più sopraffatto, si sente anche intrappolato.
Consigli/ Osservazioni: se siete in un rapporto di dipendenza, poiché vi ritrovate in questa descrizione, chiedetevi se sia davvero
giusto.
Vi meritate davvero un amore che non è amore?
Per amare un’altra persona, dobbiamo innanzitutto amare noi stessi: solo allora riusciremo ad avere una relazione d’amore sana.
Avete delle carenze emotive?
Cercate di risolverle in un altro modo, magari rivolgendoci ad un
professionista, evitando di legarvi a qualcuno che non potrà mai darvi ciò di cui avete bisogno.
Perché ciò di cui avete bisogno è già dentro di voi: basta cercarlo e trovarlo.
Dipendenza affettiva e narcisismo: l’incastro perfetto
Ora tocchiamo un punto che fino a questo momento abbiamo lasciato sullo sfondo: il partner che si lega al dipendente affettivo.
Sicuramente vi starete chiedendo che personalità si affianca a questa tipologia di persona. Che caratteristiche deve avere?
Iniziamo subito con il dire che vi sono dei meccanismi inconsci che fanno sì che un dipendente affettivo arrivi a scegliere come partner un narcisista, per esempio.
Ne avete mai sentito parlare?
Nel corso dell’argomento cercheremo di capire meglio chi è il narcisista, come si comporta e perché si comporta in un certo modo.
Qui invece cercheremo di mettere in evidenza le sue capacità nel riuscire a toccare quelli che sono i punti deboli del dipendente.
Questo “lavoro di sottomissione” infatti sembra avvenire attraverso diverse fasi: vediamole qui di seguito.
Prima fase: il narcisista tocca l’immenso bisogno del dipendente affettivo di essere visto, considerato e amato.
Cosa fa concretamente?
Lo illude, gli dedica il suo tempo, lo asseconda.
In questo modo il dipendente affettivo si legherà progressivamente al
narcisista, grazie alle sensazioni che riuscirà a provare e che continuerà a ricercare nel rapporto, anche dopo i primi mesi di relazione.
Seconda fase: in questa fase il narcisista riesce a toccare l’angoscia abbandonica del dipendente.
Come?
Ritraendosi dal rapporto: in questo modo, il dipendente affettivo, ricevendo meno da un punto di vista affettivo, per paura di perdere il compagno, inizierà a dedicarsi morbosamente a quest’ultimo, assecondandolo in tutto e per tutto, accettando addirittura critiche, svalutazioni da parte del narcisista che a sua volta tenderà ad avanzarne sempre di più.
Il dipendente affettivo d’altronde è convinto di questo: è convinto che per essere amato, deve soddisfare i bisogni dell’altro, completamente.
Terza fase: innesco della sfida per essere amati.
Ecco che quindi il dipendente affettivo farà quello che gli riesce meglio:
inizierà a mettere in discussione se stesso, pur di salvare l’altro e la sua insoddisfazione.
Il narcisista d’altronde va alla ricerca di questo e tra poco lo vedremo: essendo di per sé una personalità sofferente ha come obiettivo quello di far fare all’altro ciò che desidera e con un dipendente affettivo questo è facile da ottenere.
D’altronde il dipendente affettivo è abile nel riconoscere le sofferenze altrui e questo non può che essere un punto a favore del narcisista, il quale può finalmente arrivar a prendere il pieno controllo della situazione.
Tutto questo ovviamente avviene a livello inconscio: quest’incastro perfetto è possibile proprio perché da una parte abbiamo chi pretende e dall’altra chi è disposto a dare.
Per un dipendente affettivo ciò risulta essere normale: perché?
Semplice: perché sa già cosa significa faticare per un rapporto.
Alle spalle, lo abbiamo visto, ha un’infanzia caratterizzata dalla presenza di una figura maschile difficile da raggiungere. La figura paterna.
In un certo senso il dipendente affettivo ritrova nella figura del narcisista
quella del padre.
Una figura fredda, distante.
Consigli/Osservazioni: insomma un dipendente affettivo, per quanto possa
sembrare paradossale, riesce ad incastrarsi fortemente e a funzionare bene con una personalità narcisistica.Ma ovviamente queste “due particolari personalità” non funzionano davvero, perché i meccanismi visti poc’anzi non fanno altro che aumentare un’angoscia che è già viva.
Se siete in una coppia in cui siete costretti a dare e a buttar giù bocconi amari, per sentirvi vivi e appagati, sicuramente siete in una relazione sbagliata.
Il primo passo per “rinascere” è proprio prenderne consapevolezza. Quanto date e quanto ricevete?
Provate a farvi queste domande e a rispondervi con estrema sincerità.
Narcisismo: cos’è e le sue varie forme
Parlare di dipendenza affettiva ci porta inevitabilmente a parlare di narcisismo e abbiamo visto perché.
Ma cerchiamo di saperne di più: come possiamo definire il narcisismo e come può manifestarsi?
Prima di rispondere a questi interrogativi, è doveroso partire da un presupposto fondamentale: la componente narcisistica è un tratto della personalità presente in ciascuno di noi, nella misura in cui amiamo quello che facciamo o chi siamo.
Insomma tutti noi possiamo essere più o meno vanitosi e narcisisti e fin qui non c’è nulla di male, no?
Quando dobbiamo iniziare a preoccuparci?
Quando il nostro narcisismo inizia a presentare dei tratti patologici. A questo punto una domanda sorge spontaneamente: cosa differenzia un sano narcisismo da un narcisismo patologico?
Sicuramente l’assenza d’empatia: quest’ultima porta il narcisista patologico a manipolare le altre persone, anche il proprio partner, per avere conferme sulla sua grandiosità.
In un certo senso il narcisista patologico utilizza gli altri per i suoi scopi e per la sua affermazione personale.
Forse alcuni di voi si staranno chiedendo cosa sia l’empatia.
L’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri, la capacità di riuscire a provare quello che provano gli atri.
Chi non mostra empatia, raramente riuscirà ad amare e farsi amare.
Il narcisismo in un certo senso consiste proprio in questo: nell’incapacità di amare e allo stesso modo, di accogliere l’amore dell’altro.
Cerchiamo però di dare una definizione precisa di narcisismo: sul DSM- 5 esso è indicato come quel disturbo caratterizzato da “un modello pervasivo di grandiosità, necessità di adulazione e mancanza di empatia, che può essere riconosciuto in base alla presenza di almeno cinque di tali comportamenti:
• Esagerata sensazione della propria importanza e dei propri talenti
• Convinzione di essere speciali e unici
• Bisogno di ammirazione costante in modo eccessivo e
spropositato rispetto alla realtà
• Sfruttamento degli altri per il raggiungimento dei propri scopi
• Invidia degli altri
• Arroganza e superbia
• Convinzione che gli altri debbano soddisfare le sue aspettative
Insomma nel manuale non si fa riferimento a varie forme di narcisismo, eppure secondo alcuni studiosi abbiamo due forme di narcisismo.
Il narcisismo overt e il narcisismo covert
Con l’espressione overt si fa riferimento al narcisismo indicato sul manuale, quello caratterizzato da un sé grandioso.
A breve cercheremo di stilare, infatti, il suo profilo psicologico. Ma non dimentichiamo anche l’altro volto del narcisismo: il narcisismo covert.
Com’è il narcisista covert?
E’ un individuo investito da sentimenti di vulnerabilità: un soggetto chiuso, timido, che tende a ritirarsi socialmente e che sembra essere empatico.
Cosa differenzia dunque il narcisismo overt da quello covert?
In realtà abbiamo in entrambi i casi delle persone fragili e insicure. Solo che il narcisista covert si comporta di conseguenza, presentandosi come insicuro e con una bassa autostima.
Il narcisista overt, almeno in apparenza, invece sembra averne tanta.
A tal proposito c’è da dire che questi due tipi di narcisismo non sono necessariamente separati tra loro, anzi si ritiene che nella maggior parte dei casi gli individui presentino continue fluttuazioni tra manifestazioni di grandiosità e di vulnerabilità. (Caligor et al.,2015; Dimaggio et al., 2003; Marissen et al., 2012; Pincus & Lukowitsky, 2010, Ronningstam, 2016).
Consigli/osservazioni: come detto poc’anzi, tutti noi possiamo nutrire un sano narcisismo, essere vanitosi e amare quello che facciamo e che siamo. Se tutto questo viene fatto senza calpestare la sensibilità altrui e senza manipolare gli altri, va anche bene. Un narcisismo sano è funzionale per il raggiungimento dei nostri obiettivi.
Profilo psicologico del narcisista
Sulla base di quanto affermato sin’ora, è importante sottolineare un aspetto importante: quando si parla e si parlerà di narcisismo, lo faremo facendo riferimento a quello overt, ovvero quello riconosciuto dal manuale.
Arrivati a questo punto chiediamoci: “quali sono i tratti distintivi del narcisista?”
Cosa lo contraddistingue?
Sicuramente l’amore verso Sè stesso: un amore questo che si esprime attraverso un continuo parlare di
Sè.
Il narcisista ama infatti essere sempre al centro dell’attenzione, adora parlare tanto, ma sicuramente non ama ascoltare.
Il narcisista ha anche però un bisogno continuo di conferme, rispetto alla sua grandiosità: per questo non accetta critiche sulla sua persona o sul suo operato.
L’unica cosa che pretende e di cui sembra aver bisogno è l’ammirazione e l’approvazione altrui. Si nutre di questo.
Il narcisista, insomma, l’abbiamo detto: manca di empatia, per questo spesso sembra essere quasi crudele.
Al centro ci sono solo le sue emozioni, gli altri non contano se non per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
I narcisisti possiamo dire essere dunque dei veri e propri vampiri emotivi: prendono tutto e all’altro non danno niente, anzi continuano a pretendere di essere ascoltati, seguiti, ammirati e lodati.
E se questo non succede, diventano eccessivamente permalosi, si ritirano in se stessi e scartano la persona che ritengono scomoda.
I narcisisti sono inoltre molto abili a giocare con i sensi di colpa degli altri, addossano sempre agli altri la responsabilità per qualsiasi cosa, hanno frequenti sbalzi di umore, sono invidiosi dei successi altrui e non ammettono i loro sbagli, semplicemente perché credono di essere perfetti.
Il narcisista crede fermamente che ciò che lui ha raggiunto è irraggiungibile, perché sente di essere speciale, semplicemente unico.
La sua grande aspirazione?
Raggiungere il successo, ottenere potere e bellezza.
Il narcisista, proprio perché crede di essere grandioso e insostituibile non perde occasione di rapportarsi agli altri con toni sprezzanti.
Eppure il narcisista ha tante “qualità” sapete?
Soprattutto all’inizio di una relazione: non solo non mostra la sua vera natura, ma utilizza le sue armi migliori per attirare la preda e farla sentire importante.
Il narcisista è infatti un soggetto molto carismatico, ha un fascino irresistibile, sa come sedurre e attirare la sua vittima, che come abbiamo visto il più delle volte è un dipendente affettivo.
E’ in grado di trasmettere agli altri una certa fiducia in se stesso e nelle sue capacità.
Insomma il narcisista, sulla base di quanto detto sin’ora, è una persona con un’alta autostima, giusto?
E’ una persona sicura di sé e delle sue capacità. Sbagliato: il narcisista in realtà è tutt’altro.
E’ una persona fragile e insicura ed è proprio per questo che ha bisogno dell’ammirazione altrui.
E’ una persona che ha tanto bisogno di attenzioni, solo che le chiede in un modo sbagliato.
Ma perché un narcisista arriva a comportarsi in questo modo? Cosa si nasconde dietro questo suo mondo che sembra essere perfetto?
Consigli/osservazioni: leggendo queste righe ritrovate il vostro modo di fare? Credete di avere anche voi dei tratti narcisistici patologici? Se è così non temete, chiedendo un aiuto professionale potrete cercare di andare a fondo al vostro essere e capire perché avete questi comportamenti e questi atteggiamenti. L’importante è avere una grande forza di volontà e affidarsi ad una persona competente.
Origine del narcisismo
Fin’ora abbiamo cercato di capire cosa sia il narcisismo e come si comporta un narcisista.
Fa in un certo senso sentire l’altro speciale, ma una volta perso l’interesse, non perde tempo per farlo cadere dal piedistallo su cui l’ha messo e buttarsi in un’altra conquista che lo carichi ancora
una volta.
Ora la domanda più ovvia è “perché”?
Perché una persona può arrivare ad avere determinati pensieri e determinate emozioni?
Quali sono, insomma, le cause sottostanti questo disturbo?
Per quanto riguarda le cause del narcisismo, è importante sottolineare come ancora oggi non sembrino essere del tutto chiare, dal momento che esistono diversi studi che dicono cose diverse.
Andiamo per gradi, dunque.
Alcuni studi sono concordi nel sostenere che alla base di questo disturbo possano esserci dei fattori prettamente genetici.
Uno studio, a tal proposito, ha dimostrato che esiste una trasmissione ereditaria del 45% di quelli che sono i comportamenti tipicamente narcisistici.
Eppure c’è chi parla anche dell’influenza di fattori ambientali.
Secondo alcuni autori, infatti, fondamentale per lo sviluppo del disturbo narcisistico è l’ambiente familiare in cui il bambino ha vissuto.
Si ritiene infatti che un disturbo di questo tipo possa emergere nel momento in cui i genitori non riescono ad assolvere efficacemente ai loro compiti.
Questo per esempio accade quando i genitori credono così tanto nella superiorità del loro figlio tanto da premiarlo solo nel caso in cui questo riesca ad avere successo.
Oppure quanto un genitore non è in grado di fornire al proprio figlio tutte le sue cure e il suo amore.
In questi casi un bambino finisce per sperimentare un rifiuto, proprio dalla sua famiglia e per sopravvivere a questi sentimenti non potrà far altro che sviluppare un senso di autonomia e la convinzione di poter fare a meno del prossimo.
Un’altra ipotesi alla base di questo disturbo sembra mettere in evidenza un altro aspetto: alle spalle di un soggetto narcisista può poter esserci una famiglia iperprotettiva che non ha permesso all’individuo di sviluppare una sana fiducia in sé stesso.
Le ipotesi però non finiscono qui: alla base di tutto potrebbero anche esserci altri eventi traumatici, come l’essere stati vittima di offese, umiliazioni da parte dei coetanei.
Tutto questo può poter contribuito a sua volta a minacciare l’autostima dell’individuo umiliato, concorrendo così allo sviluppo di un senso di sè grandioso.
Insomma alla base del narcisismo possono esserci diverse cause: conoscerle è importante, per capire dove tutto ha avuto inizio e dove tutto può avere una fine.
Consigli/osservazioni: insomma se presentate dei tratti narcisistici patologici o avete già avuto la diagnosi di questo disturbo, non sentitevi “dei mostri”.
Dentro di voi c’è solo un bambino che vuole essere ascoltato, accolto, considerato e capito.
Un bambino che presenta delle ferite che probabilmente non sono state ben elaborate e per questo motivo oggi agite e vi comportate in questo modo.
La colpa non è vostra e nemmeno dei vostri genitori: nessuno nasce genitore, dunque spesso possono essere messi in atto dei comportamenti sbagliati.
Oggi però oggi voi siete adulti e potete prendervi cura di voi, prendendovi primariamente cura del bambino che è in voi.
Affidatevi ai professionisti giusti, spesso si ha solo bisogno di vedere il mondo con altri occhi.
Con gli occhi dell’amore, della vita, dell’altruismo e dell’empatia.
Vincere la dipendenza affettiva
Ora avete capito perché tra un dipendente affettivo e un narcisista, almeno in apparenza, un rapporto sembri funzionare?
Il dipendente affettivo è davvero la preda giusta per un narcisista, perché si comporta esattamente come il narcisista vuole e pretende.
Importante è dunque cercare di vincere questa dipendenza, soprattutto se si è già in una relazione con un narcisista che non può che essere deleteria per entrambi.
Cosa si fa in questi casi?
Come si può vincere questa forma di dipendenza?
Vediamo i vari modi che ci possono consentire di uscire da questo circolo vizioso.
- Prendersi le proprie responsabilità: questo è sicuramente il primo passo.
Chi tende a dipendere dalle altre persone lo fa primariamente perché non sa badare a se stesso.
Il problema è proprio questo: la mancanza di fiducia in se stessi. Ecco perché la soluzione sta nel credere maggiormente in voi e nelle vostre capacità.
Imparate a cambiare il vostro dialogo interiore: provate a ripetere a voi stessi che ce la potete fare e che solo voi potete rendervi davvero felici.
In questo modo imparerete che nessuno può salvarvi e che siete solo voi gli artefici della vostra vita.
Il punto è che ancora non lo sapete, ma è così.
Smettete di idealizzare l’altro: un altro punto dolente è proprio questo.
Attraverso il meccanismo dell’idealizzazione, facciamo proprio questo: mettiamo l’altro sul piedistallo e lasciamo noi sullo sfondo. Questo è sbagliato: nulla ha la priorità se non noi e le nostre necessità.
Solo pensandola in questo modo possiamo acquisire un maggior sicurezza, la stessa che crediamo di poter aver avendo accanto un’altra persona
Prendetevi cura di voi
Provate a riconoscere il vostro valore, i vostri bisogni e prendetevene cura.
Annaffiate la vostra autostima, focalizzandovi sui vostri punti di forza, ponendovi degli obiettivi reali e raggiungibili, a piccoli passi, imparando a mettere in dubbio i vostri pensieri negativi. Quelli che rivolgete a voi stessi: sostituiteli con pensieri più funzionali e comprensivi.
Riconoscete la vostra paura
Prendete consapevolezza del fatto che dietro la vostra dipendenza c’è solo una grande paura.
La paura di essere da soli: spesso cercate fuori la pace che non trovate dentro, ma alla fine non fate altro che diventare sempre più dipendenti da persone e situazioni.
Per riuscire a stare meglio oggi, dovete fare pace con il vostro passato e con l’immagine che avete creato di voi.
Voi siete molto di più di quella etichetta che vi siete messi addosso.
Sviluppate la vostra curiosità intellettuale
Cercate di scoprire cose nuove su di voi, imparate a guardare e ad osservare con calma voi e gli altri e quando sbagliate qualcosa, non siate troppo duri con voi stessi, considerate un errore come un passo in avanti.
L’amore non è dipendenza e se proprio volete dipendere da qualcosa, scegliete la vostra serenità.
Siete in una relazione con un narcisista e non sapete davvero come uscirne?
Volete liberarvi da questa situazione tossica che non vi sta facendo vivere come vorreste?
Bene, per poter riuscire a dire basta a questo tipo di relazione, è importante mettere in atto tre cose fondamentali.
Vediamole qui di seguito.
Dovete innanzitutto riconoscere che pur essendo le vittime di questa situazione, siete comunque parte integrante del gioco.
Cosa significa questo?
Che se siete in grado di restare in una relazione di questo tipo, molto probabilmente anche voi siete immaturi da un punto di vista emotivo e l’abbiamo ampiamente visto.
Il vostro modo di funzionare vi ha sicuramente portato ad accettare determinate cose, magari pensavate di poter cambiare chi avevate accanto, ma una persona cambia solo se lo vuole.
Dunque cosa potete fare voi?
Convincervi che la vostra relazione sicuramente non vi fa bene. Per quanto all’inizio il vostro partner sia stato in grado di farvi toccare il cielo con un dito, ora invece siete a terra e se volete, potete risalire.
Per riuscirci smettete di proiettare sull’altro l’immagine dell’uomo o della donna perfetta che vi siete creati e iniziate a guardare in faccia la realtà: volete davvero stare così male? Guardatevi allo specchio e datevi una risposta sincera.
Volete tentarle proprio tutte prima di chiudere la relazione?
E’ un vostro diritto.
Proponete all’altro di rivolgersi ad un professionista, affinché possa riuscire a prendere piena consapevolezza di come funziona e di quanto questo possa essere deleterio, per se stesso e per gli altri. Potete anche proporre delle sedute di coppia, affermando come anche voi abbiate bisogno di risolvere determinate cose, dal momento che avete sopportato tanto.
Insomma cercate di far capire all’altro che è arrivato il momento di chiedere aiuto e capire se effettivamente la relazione può andare avanti.
Magari ne uscirete insieme, più forti o magati separati, ma consapevoli di voi e di quello che davvero siete e desiderate.
Distaccatevene completamente
Se non dovesse accettare, allora mettete in atto un sano egoismo e cambiate rotta. Distaccatevene.
Smettete di avere contatti di qualsiasi forma con il vostro partner e chiedete aiuto per voi.
Intraprendete un percorso psicologico che vi aiuti ad elaborare il vostro dolore, ma anche le vostre insicurezze e la vostra dipendenza.
Dopo la rottura sarete ancora più fragili e vulnerabili, per questo potrebbe essere un bene chiedere aiuto e un supporto psicologico.
Consigli/osservazioni: Sicuramente lasciare un narcisista non è facile, ma per riuscirci provate a concentrarvi sulla persona con cui avete avuto a che fare e non sull’immagine che avete creato di lei. Un’immagine che non esiste e che è stata utilizzata solo per attirarvi nella sua trappola.
Pensate a come siete diventati e ricordate che solo ritrovando voi
stessi potrete evitare di commettere in futuro gli stessi errori.
Riflessioni conclusive
La dipendenza affettiva e il narcisismo sono delle condizioni patologiche che vengono da molto lontano e che possono lasciare dei segni nel nostro presente.
Riconoscere di esserne affetti è fondamentale per cambiare ed essere finalmente felici.
Ciao, sono Giulia Moretti, e mi fa piacere darti il benvenuto nel mio mondo psicologico. Cresciuta nelle affascinanti strade di Roma, ho coltivato fin da giovane una passione per la comprensione delle dinamiche umane. La mia avventura nel mondo della psicologia ha inizio qui, ma il mio percorso è stato guidato da una curiosità instancabile e dalla determinazione nell’aiutare gli altri a superare le sfide della vita.