Quando un Padre è Assente: ripercussioni sul figlio

Padre e madre esercitano funzioni diverse ma entrambe necessarie per il corretto sviluppo del bambino e, quindi, dell’adulto che egli diventerà. 

La funzione paterna è normativa – ovvero impartisce regole – e di emancipazione, detta delle norme di comportamento e pone dei limiti. 

Si tratta di limiti che sono indispensabili, altrimenti il bambino si muoverebbe senza le coordinate necessarie per affrontare la vita. La funzione del padre ha comunque anche un altro ruolo molto importante, quello di emancipare il figlio.

Egli infatti porta il piccolo o la piccola a non restare nella seppur accogliente dimensione materna, ma a spingersi oltre per andare ad esplorare il mondo e le sue bellezze. Il padre quindi aiuta a mettere a fuoco le proprie paure e a comprenderle, ma fornisce anche i giusti strumenti per affrontare questi scogli e per superare i propri fantasmi interiori. 

Contrariamente a quanto molti pensano, la presenza della figura maschile è importante già dai primi mesi di vita.

Infatti un padre solitamente propone dei giochi diversi da quelli materni e realizzati con diverse modalità, mentre solitamente tende a relazionarsi in modo stimolante per il bambino anche dal punto di vista motorio.

Lanciandolo  in aria con sicurezza, proponendogli il movimento ed il gioco, suscita il riso ed aiuta il piccolo a dare un significato a ciò che gli accade.

Possiamo quindi affermare che sia il dinamismo a caratterizzare il rapporto del piccolo con il padre soprattutto in tenera età, per poi lasciare spazio, con il tempo, a momenti in cui le letture che i papà propongono ai figli sono di natura maggiormente esplorativa e ludica.

Ecco quindi che, se il padre è presente, assolve a questa funzione emancipante e di guida, mentre se la famiglia non include la sua presenza, dovrà essere qualcun altro ad occuparsi di questi aspetti. Infatti, mentre la funzione materna è quella di contenere e mantenere, quella del padre è legata alla spinta che porta il bambino fuori dalla sua zona di comfort per esplorare il mondo e viverlo.  

Se il padre è assente fisicamente e la madre cerca di assolvere ad entrambi i ruoli, può essere sovraccaricata da incombenze anche contrastanti tra loro dal punto di vista simbolico e l’educazione del piccolo o della piccola va incontro a dei rischi.

Ci sembra di aver chiarito quanto il padre entri in gioco diversamente dalla madre, aiutando i figli a conquistare le prime autonomie ed a prepararsi all’età adulta.

Un buon padre ha a disposizione degli strumenti come le regole e il coraggio: deve essere molto interessato al figlio o alla figlia e a regolare il suo interesse, riuscendo a prendere le distanze dall’emotività per imporsi nel fare rispettare le regole.

Sono soprattutto due i punti che vanno considerati: la coesione nella coppia che, se carente, può causare poca ubbidienza nei figli, e la chiarezza delle regole. Se le norme da rispettare non sono chiare, possono causare dei comportamenti sbagliati.

Autorevolezza e autorità sono il potenziale che ciascun adulto fornisce per aiutare a crescere, e non vanno assolutamente demandati o rimpiazzati. 

Se il padre non c’è, la madre può comunque fare in modo di sopperire a questa mancanza con altre figure esterne come un insegnante, un nonno, uno zio attento oppure un amico caro che svolgono le funzioni paterne; l’importante è che la madre non si chiuda in se stessa.

Altre figure, quindi, possono compensare l’assenza del padre biologico, ma è fondamentale che la madre accetti la loro presenza e che agevoli la presenza di altre figure maschili all’interno della famiglia. 

Parlando invece del genere di appartenenza dei figli, la funzione più importante del padre nei confronti della figlia femmina è quella di fornirle la misura del proprio valore come ragazza e futura donna.

Un valore che non si basa sulle regole rispettate bensì pone le basi dell’autostima, che viene promossa anche quando, da adolescente, la figlia vorrebbe rincasare più tardi e vestirsi già da adulta. 

Segnando dei  limiti oltre i quali non si può andare, controllando gli orari  e che l’abbigliamento sia consono all’età, solo per fare un esempio, dà valore alla figlia per farla sentire una persona di valore. Al contrario, un padre distratto non è mai una figura positiva poiché non presta sufficiente attenzione.

La ragazza spesso osserva come si comporta il padre con la madre, prefigurandosi in questo modo il ruolo maschile e quello femminile: è importante che il padre sia di sostegno per la moglie senza svalutarne il ruolo perché, se così accadesse, trasmetterebbe alla figlia una immagine negativa della vita di coppia.  

Un papà non deve essere possessivo perché potrebbe causare delle difficoltà nella maturazione ed emancipazione di figli ma non è utile neanche che diventi amico dei figli perché il suo stile adolescenziale non può essere autorevole; la confidenza andrebbe mantenuta entro certi limiti.

Sovente i figli possono dare l’impressione di desiderare la solitudine, soprattutto nel periodo della pubertà e dell’adolescenza, ma un buon genitore dovrebbe riuscire a captare quando è veramente utile lasciare il figlio da solo e quando, invece, il silenzio è una richiesta di aiuto e di attenzione. 

Lo psicoanalista Massimo Recalcati a proposito del complesso di Telemaco sostiene che i giovani di oggi sentono molto la “morte del simbolo del padre”, che rappresenta l’autorità, sa più di loro e va seguito e stimato.

Il padre è un testimone, un maestro di vita. Oggi però il giovane si precipita fuori dal mondo della legge e dell’autorità paterna perché vuole avere e crede di sapere tutto. Ecco quindi che i limiti non esistono più, nel mondo interno dell’adolescente, saturo di onnipotenza e narcisismo. 

Il desiderio di arrivare a capire quali siano i propri talenti e le proprie inclinazioni fornisce quella  soddisfazione personale che serve a concretizzare chi si è. 

Chi non si pone dei limiti e degli ostacoli da superare non è in grado di accedere ai propri desideri che diventano, quindi, solo capricci.

Il bambino che punta i piedi e non vuole o deve superare ostacoli, impegnandosi, resta fermo nella sua onnipotenza.

Il grande dono che il padre fa ai figli è la trasmissione del desiderio, quindi degli ideali: l’ideale è poter raggiungere qualcosa che vale la pena avere.

Rinunciare a qualcosa di piccolo, subito, per poi ottenere qualcosa di più grande dopo è una esperienza formativa che il padre sa insegnare al figlio, ma se questa guida manca allora viene a mancare anche una parte importante della formazione del bambino e dell’adolescente. 

Il più grande regalo che un padre fa al figlio è segnare la fine del narcisismo, dandogli una mano a diventare come lui e portandolo ad adottare i suoi ideali, che possono essere l’ avere un lavoro ed una famiglia sani. Senza questa sinergia tra legge e desiderio, emerge la legge del capriccio e della mancanza del rinvio del soddisfacimento, che si vuole ottenere senza “fare fatica”.  

L’impatto di un padre presente 

Il coinvolgimento del padre nella vita del figlio è associato ad una benessere globale del bambino sin dai primissimi mesi di vita. 

Già il neonato infatti se prematuro, riscontra aumento positivo del peso corporeo  e cerca più attivamente il seno materno per essere allattato. 

Più avanti il coinvolgimento del padre che sa essere autorevole favorisce nel figlio buoni indici scolastici, emotivi, ma anche sociali e comportamentali.

I bambini che sentono il padre vicino solitamente hanno dei buoni risultati a scuola e una volta entrati a far parte del mondo del lavoro hanno maggior successo e stabilità.

Anche le figlie femmine beneficiano della presenza del padre, infatti le ricerche dimostrano che la guida paterna decrementi in modo significativo la possibilità di gravidanze indesiderate e premature in età adolescenziale.

Non solo, infatti pare che chi ha un padre presente sia molto più protetto dalla delinquenza e che quindi abbia meno probabilità di trascorrere del tempo in carcere, così come sia più protetto dal rischio di sviluppare depressione. 

Il danno psicologico di un padre assente in età infantile purtroppo influisce durante tutta la vita, ed andrebbe trattato con la psicoterapia.

La qualità della relazione tra il padre ed il figlio conta più della quantità di ore trascorse insieme, ad esempio i padri che non vivono con i figli possono comunque influire positivamente sul benessere sociale ed emotivo dei figli, nonché sui risultati scolastici e sull’adattamento comportamentale.

Livelli elevati di coinvolgimento del padre nella vita familiare sono inoltre correlati a maggiore socievolezza, fiducia e autocontrollo; questi bambini tendono a mentire di meno a scuola e, a differenza di altri, sono meno a rischio di sviluppare dipendenza da alcol o droghe durante l’adolescenza.

Il coinvolgimento del padre riduce i problemi psicologici e i tassi di depressione nelle giovani donne e possiamo quindi affermare che, nel complesso, l’impatto che hanno i padri e le figure paterne sostitutive è sostanziale. 

Così come ci sono molti aspetti positivi nel coinvolgimento del padre, anche gli effetti della sua assenza sono dannosi.

L’assenza del padre

Secondo il rapporto dell’UNICEF del 2007 sul benessere dei bambini nelle nazioni economicamente avanzate, emerge che soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito i bambini non godono di molta salute psico emotiva.  

Un fattore che è stato purtroppo ignorato, soprattutto da parte di alcuni responsabili delle politiche per l’infanzia e la famiglia, è la dannosità dell’assenza paterna in ambito familiare.

Gli studi dimostrano che i bambini senza padri presenti soffrono molto. Anche prima della nascita di un bambino, gli atteggiamenti che ha il futuro padre riguardo alla gravidanza ed il suo modo di vivere questa la fase prenatale influenza indirettamente la nascita.

Alcune ricerche dimostrano che i bambini di età scolare che avevano buoni rapporti con il padre avevano anche meno probabilità di soffrire di depressione, di sviluppare comportamenti oppositivi o di mentire. Nel complesso, questi bambini erano molto più orientati verso un comportamento prosociale. 

Durante l’adolescenza poi, le difficoltà che riscontrano le famiglie senza padre sono molte, anche perché i ragazzi sono più soggetti a vivere condizioni di disagio economico, se non di vera povertà.

Sono molti gli individui che possono testimoniare quanto l’impatto di un padre che è stato presente nella loro vita sia permanente; molti al contrario hanno vissuto l’abbandono e, di conseguenza, soffrono di scarsa autostima ed alcuni hanno cercato conforto nelle droghe, nell’alcol, in attività sessuali rischiose, in relazioni malsane o altri comportamenti distruttivi per cercare di non sentire il dolore causato dall’assenza paterna.

Secondo diversi Studi poi, gli effetti dell’assenza del padre sui figli sono a dir poco disastrosi, sotto una serie di dimensioni che qui elenchiamo:

Diminuzione del concetto di sé dei bambini e sicurezza fisica ed emotiva compromessa 

I piccoli dicono di sentirsi abbandonati quando i loro padri non sono presenti né coinvolti nelle loro vite, lottano con le loro emozioni e contro la sensazione di non accettarsi così come sono.

Problemi comportamentali 

I bambini che crescono senza la presenza paterna spesso hanno più difficoltà con gli altri e le loro amicizie sono mutevoli; manifestano problemi comportamentali e si mostrano spavaldi e oppositivi per non mostrare agli altri le loro paure, le ansie ed i risentimenti. 

Assenza di vita scolastica e scarso rendimento scolastico 

Le statistiche mostrano che il 71% delle dispersioni scolastiche alle superiori sono effettuate da ragazzi senza padre. Questi studenti hanno più problemi a scuola, voti più bassi dei compagni in matematica e italiano e dal punto di vista cognitivo possono mostrare qualche difficoltà.

Tendono anche a marinare la scuola e ad avere difficoltà una volta adulti a trovare un lavoro soddisfacente o stabile. 

Delinquenza e criminalità giovanile, incluso il crimine violento 

L’85% dei giovani che si trovano in carcere ha un padre assente mentre i bambini senza padre hanno maggiori probabilità di aggredire e di andare in prigione da adulti.

Promiscuità e gravidanze adolescenziali 

I bambini senza padre hanno maggiori probabilità di avere problemi di salute sessuale, di avere rapporti sessuali prima dei 16 anni, rinunciano alla contraccezione durante il primo rapporto, diventano spesso genitori già da adolescenti e contraggono infezioni a trasmissione sessuale.

Le ragazze invece mostrano un interesse eccessivo nei confronti del sesso, che usano per sopperire alle mancanze sentimentali causate dal vuoto paterno; vivono la perdita emotiva del padre come un rifiuto e sono suscettibili, una volta adulte, di essere sfruttate da uomini più grandi di loro.

Abuso di droghe e alcol 

I ragazzi cresciuti senza un padre hanno più probabilità di fumare, bere alcolici e abusare di droghe nell’infanzia e nell’età adulta. Molti di loro non hanno una casa in cui vivere e si lasciano andare alla vita da strada.

Sfruttamento e abuso

I bambini senza padre corrono cinque volte di più il rischio di essere abusati fisicamente, sessualmente ed emotivamente.

Maltrattamento emotivo, che può sfociare nella morte. Purtroppo studi recenti indicano che i bambini in età prescolare che non vivono con entrambi i genitori hanno più probabilità di subire abusi sessuali.

Problemi di salute fisica 

Chi è senza padre manifesta problemi di salute che possono avere origine psicosomatica come dolore acuto e cronico, asma, mal di testa e mal di stomaco.

Disturbi della salute mentale 

Sono ansia, depressione che può esitare in suicidio e instabilità emotiva i sintomi che mostrano di avere i figli di un padre non presente. 

Disoccupazione e povertà 

Da adulti, questi  individui sono più soggetti ad essere disoccupati, ad avere bassi redditi e a dover ricorrere al supporto dei servici sociali.

Problematiche relazionali

Sono ragazzi che diventano adulti prima degli altri e che in virtù di questo entrano prima in società, hanno più probabilità di divorziare o di separasi e spesso hanno figli al di fuori del matrimonio o della relazione di coppia.

Mortalità

Purtroppo, i bambini che non hanno un padre sono a rischio di morire da piccoli e in media, la loro vita è 4 anni più breve di quella dei coetanei che vivono con il padre. 

Alla luce di questi dati, emerge quanto sia necessaria la presenza di un padre attento, amorevole e autorevole. 

Dott.ssa Alessia Pullano
Psicologa e Psicoterapeuta

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    Fame Nervosa: Cause e Rimedi

    Avete cenato da un’ora e improvvisamente mentre guardate la vostra serie preferita sentite il bisogno di fare uno spuntino. Oppure vi svegliate nel cuore della notte in preda ai pensieri e l’unica cosa che è in grado di calmarvi è mangiare qualcosa di super calorico. Anche in occasione di arrabbiature o delusioni, siete spinti da una strana forza verso il frigo.

    Tutti noi abbiamo sperimentato queste situazioni. Si tratta di reazioni allo stress che il nostro corpo e la nostra psiche ci inviano per compensare rabbia, disagio, scompenso emotivo.

    Il risultato però non è a nostro favore perché prendiamo peso e spesso ci abituiamo a mangiare di più, innescando un circolo vizioso dal quale è difficile uscire, mentre può subentrare la depressione. 

    Chi ha delle abitudini alimentari sbagliate dovrebbe consultare il proprio medico e parlare con lui dello stato di disagio che sta vivendo. Successivamente, il medico lo potrebbe indirizzare verso il consulto di un nutrizionista e di uno psicologo per aiutarlo a trovare le giuste strategie.

    E’ necessario sapere che lo stress e le emozioni conseguenti non sono gli unici fattori che danno il via alla fame emotiva, ma che esistono altre situazioni che la scatenano. Tra i principali troviamo: 

    L’influenza degli amici che ci convincono, magari anche quando non ne sentiamo il bisogno, ad andare a mangiare una pizza fuori per finire la serata o per bere qualcosa di alcolico, che è sempre accompagnato da vari stuzzichini che non sono quasi mai nutrizionalmente sani.

    Quando siamo in compagnia, poi, non ci accorgiamo della quantità di cibo che ingeriamo perché siamo distratti da altro, quindi spesso mangiamo più del dovuto.

    La stanchezza ci può portare a cercare del cibo perché mangiare ci da la sensazione di “ricaricarci”, di fare scorta di energie. Se però mangiamo alimenti poco sani e fuori pasto, difficilmente la nostra stanchezza sarà alleviata, al contrario: ci ritroveremo più appesantiti di prima.

    Un meccanismo simile lo esercita la noia: quando non sappiamo cosa fare e il tempo sembra non passare, per cercare di riempire un vuoto tendiamo a rivolgerci al cibo. 

    La stessa cosa avviene quando abbiamo delle delusioni, soprattutto in amore: il vuoto che sentiamo dentro ci spinge a cercare una consolazione con cibi ricchi di grassi e di calorie come creme, budini, salse, dolci e cibo spazzatura che ci illudono di farci stare meglio per sopperire alle nostre carenze che però non sono rimpiazzabili dalle calorie ingerite.

    Le abitudini sbagliate, poi, sono talmente radicate in noi da farci ripetere automaticamente dei rituali sempre uguali quando stiamo facendo determinate cose. Ad esempio, se per abitudine mangiamo popcorn, patatine o frutta secca mentre guardiamo la televisione come se fossimo al cinema, ecco che senza accorgercene facciamo il pieno di calorie. Oppure, se da piccoli siamo stati abituati al premio con gelato e dolci dopo un bel voto o a cucinare torte e biscotti dopo un obiettivo raggiunto, possiamo cadere in tentazione. 

    Come fare quindi per porre rimedio a queste situazioni?

    Le Strategie

    Il primo passo che una persona deve compiere per sbarazzarsi di questi comportamenti dannosi è quello di riconoscere ed accettare quali sono i fattori che scatenano la fame nervosa e le varie situazioni in cui si verifica di frequente.

    Tenere un quaderno o un diario in cui appuntare ogni cosa che si mangia e le sensazioni che si provano può aiutarci a scovare quelle situazioni in cui non abbiamo fame vera ma mangiamo solo per sentirci meglio psicologicamente. 

    Possiamo quindi monitorare il nostro comportamento per capire quali sono le nostre abitudini alimentari e porre rimedio agli errori. Ovviamente, per farlo è necessaria una grande forza di volontà e tanto impegno. 

    Ecco come fare per tenere sotto osservazione i nostri comportamenti:

    Appuntiamo sul quaderno quanta fame abbiamo avuto, da 1 a 10, in quel determinato momento. 

    Quindi, scriviamo cosa stavamo facendo quando abbiamo sentito il bisogno di mangiare: eravamo annoiati, ci stavamo divertendo, o eravamo arrabbiati, ecc.

    Successivamente, possiamo fare un inventario di idee su quali sono i fattori che scatenano in noi la voglia dii mangiare e su cosa potremmo invece fare per combatterli. Ecco qualche esempio: 

    Se mangiamo perché siamo annoiati, potremmo trovare qualcosa da fare che ci faccia sentire appagati ed attivi come un hobby nuovo, iniziare un libro che ci interessa e ci stimola, ed altre sfide che ci motivano.

    Se mangiamo quando ci sentiamo tristi, potremmo considerare di telefonare a un amico o a una amica per fare due chiacchiere e distrarci, oppure di fare una passeggiata, correre nel verde oppure ancora portare il cane a fare una piccola gita. 

    Se invece siamo tentati dal cibo quando siamo sotto stress, potremmo iniziare una pratica yoga, anche a casa seguendo dei tutorial su YouTube o su altre piattaforme, oppure possiamo uscire di casa e fare una passeggiata rilassante nella natura, per concentrarci sulle nostre emozioni ed affrontarle. 

    Naturalmente, consultare uno psicologo è la strada migliore per avere un supporto concreto e per trovare altre strategie che possano interrompere il nostro atteggiamento alimentare compulsivo prima che sia troppo tardi. Oltre allo psicologo, è utile consultare anche un nutrizionista o un medico che ci possano fornire ulteriori informazioni su come creare abitudini alimentari positive e farci guadagnare un rapporto migliore con noi stessi e quindi con il cibo. 

    Il mangiare emotivo non è semplicemente questione di una persona priva di autodisciplina o che ha bisogno di mangiare di meno. Allo stesso modo, le persone che mangiano per affrontare lo stress non solo mancano di autocontrollo.

    Impariamo a mangiare in modo intuitivo

    Questa pratica è stata ideata negli anni Novanta dai dietisti Tribole e Resch, e sposa l’alimentazione consapevole e la meditazione.

    Mangiare intuitivo significa prestare maggiore attenzione ai segnali interni che provengono sia dal nostro stomaco che dall’intestino e che ci segnalano fame o sazietà.

    Questi segnali ci aiutano a stabilire cosa, quando e quanto mangiare, fidandoci dei segni che il nostro corpo ci invia. Una volta che avremo capito e ci fideremo dei segnali che il nostro corpo ci invia, potremo concederci il permesso di soddisfare un desiderio, ad esempio, di torta alla panna con la stessa facilità con cui ci diamo il permesso di mangiare le più sane verdure, senza avere vergogna o provare sensi di colpa.

    Sapremo quindi, intuitivamente, quando sarà necessario dire basta. La nostra decisione quindi si baserà sulla fame che proveremo e sul fascino che determinati cibi esercitano in noi, ma non su quanto ci sentiamo stanchi e stressati in quel preciso momento.

    Mangiare in modo  intuitivo ci permette di capire come si sta sentendo il nostro corpo quando abbiamo veramente fame rispetto a come si sente il nostro organismo quando la nostra sensazione di fame è solo nervosa e causata da stress o da altri fattori psicologici.

    Quando capiremo perché il nostro corpo ed il nostro cervello desiderano così tanto determinati alimenti, sapremo come fare per gestire meglio questi sentimenti disfunzionali. 

    Le Cause della fame nervosa

    Le cause della fame nervosa possono essere svariate. Vediamone alcune.

    Lo Sviluppo dell’infanzia

    Per alcune persone, mangiare in modo compulsivo in preda a emozioni spiacevoli è un vero e proprio comportamento appreso in tenera età.

    Durante l’infanzia, i genitori hanno abituato questi bambini ad affrontare le difficoltà offrendo loro delle ricompense in cibo (pizza, dolci, patatine), o  le hanno date come ricompensa per qualcosa che il piccolo aveva fatto di buono.

    Con il passare del tempo, questi comportamenti sono stati interiorizzati dal bambino come giusti e buoni e sono diventati parte integrante della sua modalità di funzionamento psicologico di fronte ad una difficoltà o ad un risultato raggiunto.

    Ecco perché possiamo trovare adulti che divorano una intera vaschetta di gelato dopo una dura giornata di lavoro. Si tratta di abitudini sbagliate che fanno ormai parte del modo di comportarsi del soggetto; ma queste abitudini possono essere rimpiazzate con altre decisamente più sane, grazie ad un aiuto psicologico adeguato. 

    Le fondamenta di queste abitudini scorrette sono infatti molto profonde; ecco perché  è difficile per questi adulti mettervi fine da soli e senza un supporto professionale.

    Difficoltà ad affrontare le emozioni

    È normale che le persone lottino contro dei sentimenti e delle emozioni che li fanno stare male e che li scompensano. Il nostro organismo è costruito per ridurre al massimo le problematiche e risolvere  rapidamente le difficoltà, magari negandole o nascondendole. Il problema però è che sino a che non vengono riconosciute, queste emozioni negative continuano ad esercitare la loro influenza nociva, dando luogo a comportamenti malsani.

    Consideriamo, poi il fatto che non sono solo le emozioni negative a causare la fame nervosa: anche in occasione delle festività, ad esempio, ci ritroviamo a mangiare troppo e in modo sbagliato: pensiamo ad esempio al Natale e a tutti i dolci e i cioccolatini che ci porta a mangiare! 

    Cortisolo ed impatto fisico dello stress

    Quando mangiamo troppo e male, la causa può essere ricercata nello stress che a livello biologico, causa in noi dei cambiamenti chimici che ci portano a provare fame. Vediamo come. 

    Livelli di cortisolo alti:

    Appena proviamo stress, il nostro appetito diminuisce affinché il corpo possa essere pronto ad affrontare il pericolo. Se lo stato di tensione permane, l’organismo rilascia un ormone chiamato cortisolo. A sua volta, il cortisolo aumenta l’appetito e ci può portare a mangiare troppo.

    Inoltre raramente il disagio ci porta a mangiare cibo sano, ma scatena in noi il desiderio di cibi specifici che non sono mai tali, come cibi ricchi di zuccheri o grassi. 

    Lo stress è anche associato a un aumento degli ormoni della fame, che possono fare aumentare il nostro desiderio di cibi malsani.

    Ma non è tutto, infatti diverse ricerche hanno dimostrato che sono le donne ad avere  maggiori probabilità di utilizzare il cibo per affrontare lo stress rispetto agli uomini, ma non disperi il gentil sesso perché gli uomini sono invece portati a fare consumo di alcool e sigarette.

    Fame vera e fame nervosa 

    Spesso si confonde la vera fame on la fame emotiva, o nervosa. Esistono però delle caratteristiche in grado di distinguerle. Vediamo quali sono, perché essere in grado di riconoscere queste piccole differenze ci aiuta a mettere un freno alle abitudini sbagliate. 

    La fame nervosa è improvvisa

    La fame emotiva arriva molto rapidamente e sentiamo il bisogno di mangiare in modo urgente ed insistente. La fame vera invece si avverte poco a poco, a meno che non siano passate troppe ore dall’ultima volta che abbiamo mangiato. 

    La fame nervosa vuole il cibo spazzatura

    La fame da stress di solito fa sì che si voglia mangiare qualcosa di malsano, come dolci, alimenti ricchi di grassi o creme, pizza o patatine o anche tutte e due assieme. Chi prova una fame sana invece, di solito mangia per saziarsi e, al di là delle preferenze individuali, mangia un po’ di tutto. 

    Mangiare senza essere consapevoli di farlo

    Per colpa della fame nervosa mangiamo senza prestare attenzione a ciò che stiamo facendo e a cosa stiamo mangiando perché ci impedisce di metabolizzare a livello cosciente che ci siamo saziati e non ci fa assaporare il cibo. 

    Ad esempio, se ci ritroviamo a mangiare tutto il barattolo di gelato mentre guardiamo la televisione, mentre non avevamo intenzione di mangiare così tanto, significa che abbiamo seguito l’impulso della fame nervosa. 

    Non sentiamo brontolare lo stomaco 

    State certi che la fame nervosa non proviene dallo stomaco, e soprattutto non da uno stomaco vuoto e che brontola. Essa si insinua nella mente con dei pensieri che ci fanno provare un desiderio irrefrenabile di un determinato cibo, appunto cibo non sano e non nutriente. 

    Spesso la fame nervosa causa dei forti sensi di colpa

    Cedere a un desiderio o mangiare a causa dello stress può causarci del rimpianto e soprattutto farci sentire molto in colpa. Chi cede alla fame nervosa tende anche a vergognarsi per questa sua incapacità di frenare un desiderio sbagliato: tutte risposte che sono associate alla fame emotiva.

    Al contrario, assecondare la fame fisica, quella vera, causa sensazioni positive perché cibandoci di alimenti sani abbiamo dato al nostro organismo tutti i nutrienti e le calorie di cui ha bisogno per funzionare al meglio e darci energia. 

    Dott.ssa Alessia Pullano
    Psicologa e Psicoterapeuta

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      L’importanza del Gioco per i Bambini

      Il gioco è talmente importante per lo sviluppo del bambino che è stato riconosciuto dall’Alto
      Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani come un diritto di ogni bambino.


      Questo diritto di nascita è però messo in forse da molti aspetti che vanno dallo
      sfruttamento del lavoro minorile alle guerre alla violenza di quartiere, senza contare le
      poche risorse che sono spesso a disposizione dei bambini che vivono in condizioni di
      povertà.


      Tuttavia, anche i bambini che vivono in Paesi benestanti e che appartengono a famiglie
      che potremmo considerare “normali”, non sempre possono spendere del tempo di qualità
      con il gioco. Le motivazioni vanno ricercate nella sempre maggiore fretta che caratterizza
      la nostra società e nelle pressioni cui sono sottoposti già da piccoli.

      Il Gioco fa bene


      Il gioco è fondamentale per un sano sviluppo del cervello: permette ai bambini di essere
      creativi facendo sviluppare immaginazione, forza e abilità sia emotive che cognitive.


      È attraverso il gioco che i bambini, già in tenera età, interagiscono con il mondo che li
      circonda.

      Il gioco infatti consente ai bambini di creare ed esplorare un mondo che possono
      padroneggiare sconfiggendo le paure, mentre mettono in pratica dei ruoli da adulti, sia
      insieme ad altri bambini che con degli adulti di riferimento.


      Mentre imparano a conoscere il mondo, i piccoli grazie al gioco sviluppano nuove
      competenze che li portano ad avere una maggiore fiducia e la resilienza di cui avranno
      bisogno per le sfide che incontreranno.


      Se giocano liberamente, i bimbi imparano a lavorare in gruppo e, quindi, a rapportarsi con
      gli altri: dovendo condividere, negoziare, risolvere i conflitti ed apprendere abilità di
      autodifesa, crescono armoniosamente rispettando gli altri. Inoltre esercitano capacità
      decisionali, si muovono al proprio ritmo, scoprono le proprie aree di interesse e si
      impegnano nelle passioni che desiderano perseguire.

      Anche se gran parte del gioco coinvolge gli adulti, che al tempo stesso lo guidano, i bambini accettano sia le regole che ciò che preoccupa i più grandi ma se non sono liberi di condurre la loro attività devono
      anche fare a meno di alcuni dei vantaggi che essaa offre loro, soprattutto nello sviluppo
      della creatività, della leadership e delle abilità di gruppo.

      Al contrario dell’intrattenimento passivo, giocare aiuta anche il corpo ad essere sano ed in forma ed anche per questo viene raccomandato di incoraggiarlo per fare praticare attività fisica a bambini e ragazzi.


      Ma abbiamo dimenticato ciò che il gioco rappresenta più di ogni altra cosa: la gioia
      dell’infanzia.

      I genitori ed il gioco dei figli


      Il percorso di sviluppo dei bambini è mediato da relazioni affettive con chi si prende cura di
      loro in modo coerente e amorevole attraverso il gioco.


      Quando i genitori osservano i loro figli mentre giocano o si uniscono a loro, viene loro data
      una opportunità unica: quella di vedere il mondo dal punto di vista del loro bambino,
      mentre il bambino viaggia in un mondo che è creato solo per soddisfare i suoi bisogni.

      Le interazioni che avvengono con il gioco rivelano ai bambini che i genitori stanno dedicando
      loro piena attenzione e li aiutano a costruire relazioni durature.

      Ecco, quindi, che quei genitori che hanno modo di entrare nel mondo dei loro figli attraverso attività di svago imparano a comunicare con loro in modo più efficace e possono offrire una guida sicura.


      Anche i bambini che usano meno il canale verbale, attraverso il gioco possono riuscire ad
      esprimere sia le loro opinioni che le frustrazioni, dando ai genitori l’opportunità di capire
      meglio il loro mondo ed il loro modo di vedere ciò che li circonda.


      Non possiamo dimenticare che il gioco è anche parte integrante dell’ambiente scolastico,
      che si occupa dello sviluppo sociale ed emotivo dei bambini ma anche del loro sviluppo
      cognitivo.

      È stato dimostrato che la formazione scolastica aiuta, attraverso le attività
      ludiche, ad adattarsi all’ambiente della scuola e persino a migliorare l’apprendimento, i
      comportamenti di apprendimento e le capacità di risoluzione dei problemi.


      L’apprendimento socio-emotivo si integra al meglio con quello accademico; il gioco ed il
      tempo libero da attività didattiche stimola le interazioni tra pari e facilita la comprensione
      delle emozioni.


      Meno tempo per giocare e conseguenze negative


      Anche se il gioco dona molti benefici sia ai piccoli che ai loro genitori, il tempo per lo svago
      nel corso degli anni è stato molto ridotto. Questa tendenza ha purtroppo interessato anche
      i piccoli che frequentano le scuole materne e dell’infanzia, che hanno tolto spazio al gioco
      a favore di vari insegnamenti.


      Anche all’estero a molti alunni della scuola dell’infanzia e della primaria viene concesso
      meno tempo libero e meno possibilità di effettuare educazione psico motoria; è stato
      ridotto, in alcuni istituti, il tempo dedicato alla ricreazione, alle attività creative e persino
      all’educazione fisica per porre l’attenzione sulla lettura e sulla matematica.

      Questo cambiamento può incidere sulla capacità dei bambini di memorizzare nuove informazioni,
      senza contare che le scuole che promuovono stili di apprendimento sedentari
      decrementano le possibilità di apprendimento.


      Ad alcuni bambini viene concesso meno tempo per il gioco esplorativo perché si pensa
      che si debbano preparare al meglio per il futuro già in tenera età: i genitori infatti sono
      subissati da messaggi che li fanno sentire in colpa se non predispongono almeno due
      attività dopo scuola per i loro figli.

      I bambini sono esposti alla visione di video didattici ed a giochi per computer – per non parlare dello smartphone – fin dalla prima infanzia, da libri e giocattoli progettati per uno sviluppo eccellente. Di conseguenza, gran parte del tempo viene dedicato all’organizzazione di attività extra scolastiche speciali o al trasporto dei bambini nelle sedi dove frequentano queste attività. Oltre al tempo, vengono investite considerevoli risorse finanziarie familiari per garantire ai bambini quelle che vengono
      decantate come “le migliori opportunità”.


      Ecco quindi che molti genitori si sentono sempre costretti a correre contro il tempo per
      tenere il passo, e non rallentano perché temono che i loro figli rimangano indietro.


      Il risultato è che sia genitori che figli mostrano sempre più di frequente ansia e aumento
      dello stress: a questo proposito, i bambini che sono impegnati in molte, troppe attività,
      hanno meno tempo per giocare liberamente, e sono quindi più sottoposti all’affaticamento.


      Alcuni studi dimostrano che la depressione infantile e adolescenziale sta aumentando
      anche a causa di questi stimoli eccessivi e, anche se sono molti i fattori coinvolti, è
      importante considerare la possibilità che questi elementi siano collegati tra loro.


      Sicuramente i professionisti della salute dei bambini e degli adulti come gli Psicologi
      possono aiutare i genitori a creare un equilibrio sano tra la preparazione per il futuro ed il
      vivere pienamente il presente attraverso il gioco, attività organizzate incentrate sul
      bambino ed una ricca interazione con il figlio.

      Ogni intervento va personalizzato, quindi l’equilibrio che deve essere raggiunto è diverso per ogni bambino sulla base delle sue esigenze scolastiche, del suo carattere, dell’ambiente in cui vive e delle esigenze della sua famiglia.


      Che cosa ha cambiato l’ educazione dei bambini?

      Ci possono essere tante spiegazioni per definire le tendenze attuali, ma sono diversi i
      fattori che hanno portato ad una diminuzione del tempo dedicato al gioco fra i più piccoli.


      Sicuramente, sempre meno famiglie hanno la possibilità di avere un adulto che si può
      dedicare alla cura dei bambini che vivono al loro interno: spesso entrambi i genitori
      lavorano, e non tutte le famiglie hanno due capofamiglia poiché sempre di più assistiamo
      alla presenza di famiglie mono genitore.

      Se aggiungiamo che i nonni non sempre si possono prendere in carico i più piccoli, ecco che possiamo capire perché i bambini devono essere seguiti da altre strutture in cui possono essere monitorati dagli adulti.


      Molti genitori hanno imparato a districarsi tra il lavoro e i figli, la casa e il tempo libero e
      proprio per questo desiderano fare un uso più efficace del poco tempo che possono
      passare coi figli.

      Credono che dare loro molte opportunità sia cosa giusta e di conseguenza tendono, sbagliando, ad applicare gli standard di efficienza che hanno imparato sul lavoro per giudicare la propria efficacia come genitori; questo è un fenomeno tipicamente denominato “professionalizzazione della genitorialità”.

      Questo stato di cose può creare forti sensi di colpa ai genitori che, dopo una giornata lavorativa faticosa, hanno difficoltà a bilanciare varie richieste che sono in conflitto tra loro.

      I genitori che sanno quanto siano importanti le attività ad alta interazione da svolgere a casa (come leggere o giocare con i bambini) oltre ad offrire ai figli le giuste risorse, possono provare meno stress
      di coloro che si sentono obbligati ad organizzare attività fuori casa, e che senza saperlo
      magari sbagliano.


      La coppia genitoriale riceve messaggi fuorvianti dalle più svariate fonti che affermano
      quanto i bravi genitori sviluppino le abilità e le attitudini dei loro figli sin dalla più tenera età.

      Sono sommersi da letture e programmi televisivi in cui vengono decantate le virtù di vari
      strumenti che, a loro dire, promuovono la capacità di formare dei “bambini di successo”.

      Leggono storie di genitori che fanno molti sforzi e grandi sacrifici per assicurarsi che i loro
      figli partecipino a molte competizioni atletiche e artistiche, sentono gli altri genitori del
      quartiere parlare dei loro impegni variegati e spesso non riescono a riconoscere che la
      loro insicurezza è semplicemente causata da aspettative troppo alte.

      La diminuzione del gioco libero può anche essere spiegata dal fatto che i bambini vengono
      intrattenuti passivamente attraverso la televisione o i giochi per computer ed i video: ci
      sono molte prove a dimostrazione del fatto che questo tipo di intrattenimento passivo non
      sia protettivo ma che abbia al contrario degli effetti dannosi.

      Inoltre in molte comunità, i bambini non possono giocare in sicurezza fuori di casa a meno
      che non siano sotto la stretta supervisione e protezione di un adulto, soprattutto nelle zone
      più degradate perché più soggette a povertà e a causa della maggiore violenza o di altri
      pericoli ambientali.

      Una sfida attuale

      Anche i bambini che stanno beneficiando dell’arricchimento del gioco hanno bisogno di
      altro tempo ancora da dedicare ad una crescita creativa, all’auto riflessione ed alla decompressione: trarrebbero vantaggio dai benefici forniti al loro sviluppo dal gioco da loro ideato e guidato.


      Tuttavia, per alcuni bambini, questo stile di vita frettoloso è fonte di ansia e stress e può
      persino causare degli stati di depressione infantile.

      Probabilmente, le maggiori pressioni cui sono sottoposti causano l’evitamento scolastico e dei sintomi fisici di malessere e stanchezza.

      La sfida per la società, le scuola ed i genitori è quella di trovare un giusto
      equilibrio che permetta a tutti i bambini di raggiungere il loro potenziale senza spingerli
      oltre i loro limiti personali, consentendo loro di giocare in modo personale e per un tempo
      adeguato.

      I genitori hanno bisogno di sentirsi supportati per non cadere nella rete dei mass media e
      di quei messaggi pubblicitari che affermano quanto siano necessari delle pratiche nuove
      ed efficaci che promuovono il successo e la felicità nei bambini rispetto ai metodi
      tradizionali del gioco e della solidarietà familiare.


      I fornitori di questi “programmi speciali” dovrebbero essere incoraggiati a produrre delle
      prove a lungo termine che chiariscano meglio come le loro strategie favoriscano lo
      sviluppo di “bambini di successo”.

      Nello stesso tempo, anche i ricercatori indipendenti dovrebbero valutare sia i vantaggi che i problemi derivanti da queste strategie di arricchimento e potrebbero continuare ad esplorare il tipo e la quantità di attività che potrebbero fornire benefici ai bambini con esigenze diverse.

      Conclusioni


      Il gioco è prezioso per fornire ai bambini importanti benefici per lo sviluppo e ai genitori
      l’opportunità di impegnarsi appieno con i loro figli. Purtroppo, varie istanze interagiscono
      per ridurre la capacità di molti bambini di raccogliere i benefici del gioco.

      Mentre ci sforziamo di creare l’ambiente di sviluppo ottimale per i bambini, rimane imperativo che il
      gioco sia incluso insieme a opportunità di studio e di natura sociale e che ambienti sicuri
      siano messi a disposizione di tutti i più piccoli.


      E’ necessario effettuare ulteriori ricerche per stabilire quale sia l’equilibrio ottimale da
      raggiungere tra gioco, attività didattiche e attività specificamente ideate per bambini
      portatori di temperamenti differenti e bisogni sociali, emotivi, intellettuali e ambientali
      diversificati.

      Dott.ssa Alessia Pullano
      Psicologa e Psicoterapeuta

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        Relazioni e Amicizie Tossiche: come uscirne ?

        Le relazioni che creiamo influenzano il nostro stile di vita. 

        Mentre una relazione sana contribuisce ad accrescere la nostra autostima, una relazione tossica ci prosciuga le energie e abbassa la nostra autostima. 

        Una relazione sana è caratterizzata da rispetto, cura e comprensione reciproci, da interesse per il benessere dell’altro, dalla volontà di condividere senza esercitare del controllo quando si devono prendere delle decisioni; potremmo quindi definirla il desiderio condiviso di una felicità reciproca. 

        Una relazione sana si fonda su basi solide, e con essa possiamo essere veramente noi stessi senza paura, ci possiamo sentire al sicuro e a nostro agio. 

        La relazione tossica invece è caratterizzata da comportamenti che ci danneggiano sia emotivamente che fisicamente come egocentrismo, insicurezza, prevaricazione, controllo,  Se restiamo invischiati in una amicizia di questo tipo, mettiamo a dura prova sia la nostra salute psichica che fisica. 

        E’ d’obbligo ricordare che in una relazione si è sempre almeno in due, quindi anche noi possiamo essere, almeno in parte, responsabili se una amicizia di questo tipo ci paralizza e non riusciamo a liberarcene.

        Questo accade perché ci sforziamo di far funzionare il rapporto per non doverci confrontare con dei fallimenti. Purtroppo però questa non è una buona strategia perché possiamo fare qualcosa per migliorare le nostre relazioni, ma a patto che si accetti che qualcosa non va.  

        Ecco quindi che dobbiamo chiederci perché non mettiamo fine a questa amicizia negativa e cosa potremmo eventualmente fare per cercare di ricucirla, sempre ammesso che qualcosa si possa fare. 

        Dobbiamo anche ricordarci che oggi, in un periodo di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, le relazioni tossiche stanno causando ancora più danni, se possibile, che in periodi storici “normali”. 

        Le relazioni tossiche e la pandemia

        Il covid-19 ha peggiorato le condizioni socio economiche di tutti, incrementando di conseguenza, anche i rapporti sbagliati e le violenze sia fisiche che psicologiche. 

        L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha segnalato che le donne che hanno denunciato abusi domestici sono aumentate del 60% dopo l’emergenza dell’aprile 2020. 

        La perdita delle nostre abitudini ed il peggioramento delle condizioni economiche hanno sicuramente reso molto più difficile comunicare all’interno della coppia ma anche fra amici e sostenersi a vicenda non è più semplice come prima, anche a causa della distanza.

        Là dove invece si convive, la forzata chiusura ed il lockdown hanno contribuito ad esasperare gli animi, anche fra coniugi.

        Le amicizie sono più fragili anche perché quando si hanno giuste preoccupazioni di contrarre il coronavirus o perché si hanno parenti malati o deceduti a causa del virus, la priorità viene data alla salute nostra e dei nostri cari, e di certo se avevamo una situazione già critica non migliorerà.

        Amici e partner purtroppo quando si è sotto stress non diventano improvvisamente più comprensivi. Ecco perché è opportuno preparasi ad affrontare al meglio queste difficoltà relazionali.

        Abbiamo tutti degli “schemi” di comportamento in amore e in amicizia secondo i quali agiamo.   Ciò significa rispettare i confini che i parenti e gli amici si sono dati, sia in termini di silenzio se si convive e si lavora in smart working  che della richiesta di mantenere le distanze da parte di chi è più preoccupato di noi della pandemia.

        Dobbiamo fare i conti con il fatto che sia i nostri amici che familiari potrebbero impiegare più tempo per rispondere a dei messaggi o a delle telefonate,  anche se ci sentiamo soli e abbiamo bisogni di aiuto.  

        Una amicizia non sana può emergere durante la pandemia e farci sentire ancora più male e in colpa solo per avere detto che abbiamo bisogno di stare a distanza o per riversare sugli altri la rabbia usando come pretesto lo stress da lockdown.

        I Campanelli d’allarme 

        Forse non lo sappiamo, ma secondo alcune ricerche solo la metà delle persone che consideriamo amiche pensa la stessa cosa di noi.  

        Come possiamo quindi scoprire chi non è davvero nostro amico e come fare per tagliare con le amicizie tossiche?

        Ecco alcuni segnali da riconoscere:

        1) Sentiamo che un rapporto ci fa stare male

        Se vi sta accadendo questo, chiedetevi come vi fa sentire questa amicizia, a cosa vi fa pensare e cosa vi spinge a mantenerla. E’ anche utile chiedervi se il rapporto migliora o peggiora la vostra autostima e se è utile per la vostra crescita. 

        Dovete avere coraggio per essere sinceri con voi stessi , ma se riuscirete in questo intento avrete fatto chiarezza. 

        2) Sei tu che cerchi di trovare tempo per vedervi

        Chiedetevi perché cercate chi non è interessato a voi. Provate a smettere di chiamarlo per vedere chi si fa vivo prima, se vi cerca anche solo con dei messaggi o con una telefonata: in caso contrario, il rapporto è decisamente sbilanciato.  

        3) Vi fa sentire in competizione con i suoi amici

        L’amico o l’amica dice spesso quanto siano bravi, intelligenti e fantastici i suoi amici e non cerca solo di mettervi in competizione con loro, ma vi fa anche sentire insoddisfatti di voi stessi e gelosi.

        4) Vi sentite soli anche se siete con lui o lei

        Se vi sentite soli, incompresi e sommersi dalle parole dell’altro senza possibilità di ricevere sostegno o conforto, ma anzi sembra che ogni cosa che fate la sbagliate e non siete mai all’altezza, state vivendo un’amicizia che proprio non funziona.

        Le persone che vi fanno sentire soli alimentano le vostre insicurezze facendo leva sui vostri punti deboli: attenzione, non date loro corda!

        5) Parlate soprattutto dei suoi problemi

        Questo tipo di amica/o non vi ascolta veramente e cambia sempre argomento quando parlate dei nostri problemi. Il suo narcisismo è esagerato e non c’è spazio per voi: decisamente qualcosa non va.

        6) Il vostro amico vi critica ma non accetta che siate voi a criticarlo (costruttivamente)

        Diciamocelo: i veri amici non si umiliano l’un l’altro, ma cercano di farsi forza a vicenda e di essere onesti ma costruttivi, propositivi, di tirarsi su il morale. Invece vi sentite sempre criticati e se cercate di dirgli qualcosa per aiutarlo a migliorare, ecco che lui innalza un muro. 

        7) State insieme troppo spesso

        Anche questo può essere un segnale negativo; infatti se voi sentite il bisogno di sentirlo e/o vederlo troppo spesso, o se è lui a cercarvi in modo insistente, senza darvi modo di avere altre amicizie ed interessi, significa che vi state facendo del male a vicenda. La dipendenza non è mai positiva né sana. 

        8) Alterna attenzione a momenti in cui vi ignora

        Magari il giorno prima tutto funzionava mentre il giorno dopo è tutto diverso. 

        Siete un po’ la pattumiera in cui lui o lei getta i suoi scarti emotivi, la sua rabbia e le negatività. Di certo non avete bisogno di tutta questa dose di pessimismo.

        9) Fa battute “cattive”

        I falsi amici spesso sono molto bravi a fare delle battute che vi umiliano; vi fanno del male sotto forma di scherzo ma in realtà stanno dicendo la verità. 

        A forza di stilettate e di ferite al vostro orgoglio, l’autostima vacilla e voi vi sentite inferiori.

        Alcuni pensano che il loro amico abbia ragione e che, in fondo, ad essere sbagliati sono loro. 

        Scappate! 

        Le relazioni tossiche possono fare male alla salute, facendo aumentare la pressione sanguigna e contribuendo all’insorgenza delle malattie infiammatorie e gastrointestinali. 

        Non è facile metter fine a queste relazioni perché spesso sono molto significative per noi, ma per trovare il coraggio di farlo spesso è necessario l’aiuto di un professionista Psicologo.

        I “peccati” delle amicizie tossiche

        1) Invidia.

        Qualsiasi relazione, soprattutto sentimentale, che ha anche una piccola dose di invidia, di solito causa problemi. L’invidia infatti è sempre negativa ma se si scatena nei confronti di qualcuno che amiamo può essere devastante perché destabilizza non solo il rapporto di coppia ma anche le persone che ne fanno parte. 

        2) Gelosia.

        Quando la possessività e la gelosia si manifestano in modo evidente, rendono tutto più difficile perché il partner si sente continuamente in dovere di dimostrare di non essere dalla parte del torto e di dovere conquistare l’altro ogni giorno, in ogni momento.

        Essere gelosi è sintomo di insicurezza e chi prova questo sentimento dovrebbe lavorare su se stesso, magari facendosi aiutare da un Terapeuta.

        3) Mancanza di un terreno comune.

        Le relazioni hanno bisogno di un terreno comune, di qualcosa che ci renda simili e ci permetta di condividere le nostre esperienze. Ad esempio se i gusti sono troppo dissimili non è facile trovare delle attività che si possono fare assieme con piacere. 

        Le relazioni, infatti,  si  nutrono di esperienze vissute assieme altrimenti si impoveriscono sino a rompersi.

        Tipi di partner “tossici”

        Anche una relazione che funziona può avere delle fasi transitorie in cui si verificano dei comportamenti da parte di uno o entrambi i partner che potremmo definire “tossici”: dopotutto, siamo esseri umani e non siamo perfetti. 

        Il partner tossico agisce comportamenti in cui prevalgono il controllo e la manipolazione. 

        Vediamone alcuni. 

        1. Il partner svalutante

        lui o lei vi prende in giro, affermando implicitamente che ogni cosa che dite è sciocca o stupida. 

        Un marito o una moglie di questo tipo non farà che sminuirvi pubblicamente, di fronte alla vostra famiglia o agli amici. Se avete già cercato di dirgli di smettere con quel comportamento, lui probabilmente vi avrà detto che stava solo scherzando, magari facendovi anche sentire in colpa.  Il problema è che non stava scherzando e che ciò che ha fatto non era uno scherzo. Il partner svalutante vuole decidere ogni cosa e sfortunatamente, se tollerate questo comportamento abbastanza a lungo, potreste iniziare a credere di non essere davvero in grado di prendere delle decisioni giuste. Fate molta attenzione, quindi. 

        2. Il partner che è sempre arrabbiato

        Controllare con l’intimidazione è un tipico comportamento da partner tossico.

        Spesso questi individui hanno un carattere imprevedibile e lunatico; i loro compagni spesso si sentono come se stessero camminando sulle uova per paura di urtarli.

        Questo costante stato di tensione e la paura di non sapere cosa mai potrà scatenare l’ennesimo scoppio di rabbia, si ripercuote sulla vostra salute emotiva e fisica. Per cui state alla larga.

        3. L’induttore di colpa

        Una relazione tossica può esistere non solo tra una coppia, ma anche tra amici oppure tra genitori e figli adulti. In questo tipo di relazioni, il controllo viene esercitato inducendo negli altri il senso di colpa. L’induttore del senso di colpa esercita il suo controllo facendovi sentire in colpa ogni volta che fate qualcosa che non gli piace. 

        Un induttore di colpa rimuove anche temporaneamente il senso di colpa se voi alla fine fate ciò che lui o lei vuole: ecco perché è pericoloso, dato che, per chi tende già a sentirsi in colpa, qualsiasi cosa o chiunque rimuova la colpa gli crea dipendenza. Ecco perché questo diventa un mezzo molto potente per esercitare il controllo. 

        Per inciso, indurre il senso di colpa è la forma più comune di controllo utilizzata da uno o più genitori “tossici” per controllare i figli ormai adulti. 

        4. Il partner troppo dipendente

        Per quanto strano possa sembrare, un modo per controllare l’altro in amicizia o in una relazione sentimentale, è quello della passività. In questo modo, il vostro amico vi chiede di prendere la maggior parte delle decisioni al suo posto. Questi individui vogliono che siate voi a prendere ogni decisione per loro perché non decidere ha il vantaggio di rendere qualcun altro – cioè voi – responsabili per quella decisione. E, naturalmente, quando secondo loro avrete preso la decisione sbagliata si comporterà in modo passivo-aggressivo facendovi il broncio, non parlandovi e via dicendo.

        La passività è un mezzo con cui molti controllano gli altri: non cadete in questa rete. 

        Concludiamo questo articolo consigliandovi di fare sempre molta attenzione ai campanelli d’allarme che sentite quando in una amicizia o in un rapporto familiare o di coppia qualcosa non va. Se vi sentite a disagio, in ansia o avete dubbi e paure, fermatevi a riflettere. 

        Potrebbe essere il segnale che state vivendo una relazione tossica.

        Dott.ssa Alessia Pullano
        Psicologa e Psicoterapeuta

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